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  Un “grido Di Verita” Per Ricattare I Preti Gay

Nuovo Molise
August 18, 2011

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Il finto moralizzatore dei costumi di Santa Romana Chiesa agiva sfruttando i meandri della rete. Diego Caggiano, 35 anni, arrestato due settimane fa a Bagnoli del Trigno insieme a Giuseppe Trementino, 30, con l’accusa di estorsione aggravata e continuata ai danni di numerosi parroci omosessuali adescati via web, aveva creato un gruppo Facebook sul quale far leva per indurre le sue vittime a pagare. Un sedicente “Osservatorio di abusi da parte di sacerdoti” dall’eloquente denominazione di “Grido di verita”. Dal quale gli derivava il prestigio necessario per alzare la voice contro i presunti comportamenti amorali dei parroci, stuzzicati in realta proprio da Caggiano e dal suo presunto complice e registrati via internet con una webcam. Sesso virtuale dunque, con il quale il novello Savonarola minacciava di denunciare l’accaduto alle piu alte cariche ecclesiastiche in qualita di fondatore del “Grido di verita”. Due i video compromettenti rinvenuti dai carabinieri sui telefonini degli indagati, nei quali due diversi sacerdoti danno sfogo ai propri istinti provocati via web dal “diavolo tentatore” Trementino, che all’inizio si presenta sul social network con un nome falso. Ma tra il materiale sequestrato (18 video in tutto) risulta anche un terzo filmato hard, il cui protagonista, sempre un prete, non e stato ancora identificato. Senza contare i 219 sms a sfondo estorsivo dai quali si evincono le pressioni esercitate sulle vittime per cercare di farsi corrispondere il denaro. Ma come faceva Caggiano a far cadere i pesci nella rete? La risposta nel racconto di uno dei prelati che hanno denunciato i due giovani per tentata estorsione. L’uomo, che esercita il ministero in Campania, conosce Caggiano (che ha origini salernitane) fin da ragazzino. Un giorno si vede recapitare un messaggio via Facebook da tale Don Diego Maria Caggiano, che gli parla del suo osservatorio. Un gruppo che raccoglierebbe denunce, testimonianze e richieste di aiuto da parte di laici e sacerdoti che si trovano in posizione equivoca nei confronti dell’opinione pubblica e della Chiesa. Il 35enne dice di aver ricevuto una segnalazione che riguarda proprio il suo interlocutore. Fa cenno a una denuncia, parla di “fattaccio”. Per poi spingersi, in seguito, a svelare qualche carta. L’esistenza di conversazioni e video che coinvolgerebbero direttamente il parroco campano. Caggiano gli dice che ha l’obbligo di segnalare le tonache peccatrici alle competenti autorita ecclesiastiche. L’osservatorio da lui fondato, del resto, avrebbe appunto la funzione di fermarle prima che diano ulteriore scandalo. Ma – ecco gli estremi del presunto ricatto – dato che l’aguzzino conosce la sua vittima, si offre di aiutarlo, presentandogli la scappatoia del silenzio a pagamento. Non senza una requisitoria contro i sacerdoti che sbagliano. Colpevoli, a detta di Caggiano, di favorire l’ingiusta demonizzazione dei gay. Il parroco, nonostante la paura, non cede. E decide di informarsi su Caggiano e su tale Stefano Pigna (alias Trementino). Un amico che si occupa degli aspetti telematici della sua diocesi lo mette in guardia. Altri preti sono gia incappati nei tentativi di estorsione nella coppia bagnolese, dunque meglio starne alla larga. Il parroco adescato, a quel punto, rintraccia alcuni prelati che conoscono il suo conterraneo, riuscendo a risalire al suo domicilio: Bagnoli del Trigno. Dove, nel febbraio scorso, dopo aver messo al corrente il parroco del posto, si convince a recarsi in caserma. Dando cosi il via alle indagini. Ieri, intanto, presso il tribunale di Isernia si e svolto il nuovo interrogatorio di garanzia per gli indagati, che hanno ammesso di conoscere i parroci negando tuttavia qualsiasi aspetto penale nella vicenda. Gli avvocati difensori, Rocco Colicigno (per Caggiano) e Alessandra Rossi e Franco Mastronardi (per Trementino) hanno nuovamente chiesto la scarcerazione o, in subordine, i domiciliari con l’interdizione dell’accesso ai mezzi informatici. Per il solo Trementino, molto provato dall’esperienza del carcere, i legali hanno chiesto anche il supporto dello psicologo. Il giudice per le indagini preliminari, Elena Quaranta, avra cinque giorni per pronunciarsi. Gli accusati, entrambi incensurati, sono reclusi nel penitenziario di Avezzano.

 
 

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