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Vaticano, I Soldi E LA Guerra

By Tommaso Cerno E Marco Damilano
L'Espresso
February 17, 2012

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/vaticano-i-soldi-e-la-guerra/2174247


Siamo entrati nello Ior, la banca della Santa Sede: che ha un patrimonio di 5 miliardi di euro ed è di nuovo nella tempesta. Come tutti i vertici della Chiesa, dove è in corso un'incredibile lotta tra cardinali. Un'anticipazione dell'ampia inchiesta in edicola sull'Espresso

Pubblichiamo qui di seguito uno stralcio dall'ampia inchiesta sullo Ior e sui retroscena della lotta in corso all'interno del Vaticano, sull'Espresso in edicola oggi.

Una partita finanziaria cruciale per il Vaticano e per lo Ior. Convincere l'Europa a inserire il piccolo stato e la "banca di Dio" nella "white list" dei paesi virtuosi. Ma anche un gioco di potere fra cardinali che ha come bersaglio Tarcisio Bertone, il potente segretario di Stato che qualcuno in Vaticano vorrebbe sostituire. Una partita fatta di documenti ufficiali e di dossier segreti, di consulenti finanziari e di strane figure che si muovono nell'ombra.

Da una parte il papa e Bertone provano infatti a cancellare le ombre che da più di trent'anni si allungano sullo Ior, quell'Istituto per le opere di religione finito in troppi scandali, che tutti ricordano per Sindona, Calvi e Marcinkus e che molti ritengono ancora un "paradiso fiscale" senza controlli. Mentre alla Segreteria di Stato ripetono che «no, di quello Ior non è rimasto più nulla, nemmeno un solo dipendente. Tutto è moderno e trasparente». Dall'altra parte, sempre fra le alte sfere della Chiesa, pezzi da novanta come il cardinale Attilio Nicora, presidente dell'Aif, l'autorità di informazione finanziaria del Vaticano, denunciano invece una specie di sacro golpe: il tentativo cioè del Vaticano di nascondere un colpo di spugna dietro alle nuove norme anti-riciclaggio della banca chieste dall'Europa per poter inserire il Vaticano nella cosiddetta "white list" che darebbe allo Ior lo status di istituto "sicuro". Per mettere una pietra sopra lo scomodo passato. Una partita non solo finanziaria, dunque, divisa fra paradisi religiosi e paradisi fiscali, dove in gioco non c'è una semplice certificazione europea, ma l'immagine stessa di Ratzinger e il potere dei porporati che ambiscono al suo soglio.

L'ultima parola ce l'ha la Moneyval committee. La commissione, che opera nell'ambito del Consiglio europeo, deciderà a giugno se la Città del Vaticano potrà entrare fra i Paesi virtuosi che rispettano le procedure sulla trasparenza oppure sarà classificata come un paradiso fiscale. I commissari sono arrivati alla Santa Sede e se ne sono andati con migliaia di documenti. Stanno vagliando tutti gli enti vaticani con particolare attenzione alle procedure anti-riciclaggio dello Ior. Il dossier sull'Istituto conta oltre 250 pagine. E lì dentro ci sono le risposte ufficiali con cui lo Stato pontificio proverà a dimostrare che lo Ior è trasparente. "L'Espresso" è potuto entrare nell'Istituto e visionare i documenti.

In quel dossier ci sono molti dati nuovi, informazioni sui conti e procedure che dimostrerebbero lo sforzo di Ratzinger verso la trasparenza. Ma anche nodi che restano irrisolti. E che dividono i santi banchieri, i tecnici e soprattutto i cardinali, già in lotta fra loro nella guerra in corso dietro le mura leonine, emersa violentemente con il documento anonimo sulla presunta morte entro un anno del papa pubblicata dal 'Fatto'.

Un evento che a molti ha fatto tornare in mente le parole umanissime e inconsuete dettate da Benedetto XVI nel libro-intervista di Peter Seewald del 2010: «Quando un papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente e spiritualmente di svolgere l'incarico affidatogli, allora ha il diritto ed in alcune circostanze anche il dovere di dimettersi».

Joseph Ratzinger compirà 85 anni il 16 aprile. Tre giorni dopo raggiungerà i sette anni di pontificato.

In pubblico appare lucido e in forma, si prepara a visitare Messico e Cuba. Chi gli sta vicino ripete: «Arriverà almeno all'età di Leone XIII, il papa più longevo del Novecento, morì a 93 anni». Eppure la sensazione di debolezza e di vulnerabilità che si è impadronita dei vertici della Chiesa non riguarda soltanto la salute fisica del pontefice. Ma la sua capacità di guidare il timone della nave di Pietro, sconquassata nelle ultime settimane da una misteriosa catena di scandali, lettere anonime, perfino - appunto - preannunci di morte.

Tutto avviene alla vigilia del concistoro del 18 febbraio per la nomina di 22 nuovi cardinali, tra cui 18 elettori (con meno di 80 anni) che saranno determinanti quando si voterà per eleggere il papa. Gli uomini della Curia sono dieci, gli italiani sette, quelli vicini al segretario di Stato Bertone almeno tre: Giuseppe Versaldi e Giuseppe Bertello, piemontesi come il numero due vaticano e ordinati preti da monsignor Albino Mensa che ordinò vescovo Bertone, e il ligure Domenico Calcagno. In questa prevalenza dei bertoniani nel Sacro Collegio qualcuno ha voluto vedere una sfida che meritava una risposta.

Perché c'è un non detto che circola in Vaticano: è dal 1978 che sul soglio di Pietro regna uno straniero, un periodo lunghissimo, ora tocca di nuovo a un italiano.

Una situazione che eccita gli animi, scatena i veleni, accende le cordate. Il documento pubblicato dal 'Fatto' è stato consegnato all'entourage papale dal cardinale colombiano Dario Castrillon Hoyos, nemico di Romeo da quando il cardinale di Palermo era nunzio in Colombia. «Con questo documento sono stati colpiti in tre: Bertone, Scola, Romeo più Castrillon», ragionano in Curia. «Chi poteva avere l'interesse di questo capolavoro?».

Tra gli uomini di Bertone un nome viene sussurrato: il bresciano Giovanni Battista Re, classe 1934, come Bertone, l'ultimo dei wojtyliani rimasti in circolazione, senza più incarichi ma ancora potente e con la possibilità di accedere all'elezione del nuovo papa. Amico dei politici italiani di tutti gli schieramenti, tuttora li frequenta in pranzi e cene riservate, ben addentro ai segreti vaticani, ostile, guarda caso, a Bertone, ma anche a Romeo, Scola e al cardinale colombiano che chiama Pasticciòn Hoyos.

Ma quello di Re sarebbe il colpo di coda di una generazione tramontata. Mentre c'è quella nuova che preme per salire nella gerarchia, ambiziosa, spregiudicata. Rappresentata da Mauro Piacenza, classe 1944, uno dei cardinali italiani più giovani, prefetto della Congregazione per il Clero. Capo della cordata genovese, i discepoli del leggendario cardinale Giuseppe Siri, per ben tre conclavi papabile fermato a un passo dall'elezione.

Piacenza era il suo pupillo. E' stato amico di don Gianni Baget Bozzo, è un tradizionalista che celebra la messa dalle suore della Balduina, il quartiere di Roma dove ha vissuto a lungo, secondo il rito tridentino di San Pio V prediletto dai lefebvriani. Un prelato da combattimento, che da più di vent'anni lavora nella Curia vaticana, ha scalato tutti i gradini, conosce tutti i segreti. Di recente ha messo a segno la nomina del nuovo patriarca di Venezia Francesco Moraglia, un altro ex seminarista di Siri.

E negli affari mondani Piacenza si fa aiutare da un suo discepolo, uno degli emergenti in questa Roma eternamente cattolica e dunque sempre sensibile ai saliscendi vaticani: il sanremese Marco Simeon, capo della struttura Rai in Vaticano, candidato a entrare nel governo Monti come sottosegretario ad appena 33 anni. Dato per vicino a Bertone, deve invece la sua prodigiosa scalata al cardinale Piacenza, alle sue benedizioni e alle sue preghiere. Simeon è stato segretario della fondazione per i beni e le attività artistiche della Chiesa, che faceva riferimento alla pontificia commissione per i Beni culturali guidata da Piacenza. Insieme, il monsignore e il giovane adepto, nel 2005 donarono a Benedetto XVI la Rosa Mystica, una rosa speciale dedicata alla Madonna e prodotta in Liguria. «Guardando le rose», si esaltò per l'occasione Piacenza, «ci pare di vedere le chiese addobbate, le luci, i canti e tutto un clima davvero "cattolico", di un popolo che ama i sentimenti forti quanto commoventi». Sentimenti forti, rose mistiche. E dossier terreni: è Simeon il loro coltivatore?

Piacenza è il candidato più forte alla segreteria di Stato se gli scandali continuassero a fiorire e se Bertone fosse costretto a lasciare. E diventerebbe il pope-maker del conclave, in un futuro non troppo lontano. Come dimostrano i giochi attorno a un uomo di 85 anni che ha già dichiarato di volersi dimettersi se fosse impossibile andare avanti «fisicamente e spiritualmente». Che ha chiesto aiuto, «che qualcuno sia con lui». E che in questi giorni di miserie, al contrario, si sente più solo. Lui, Joseph Ratzinger, il papa.




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