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IL Papa " Licenzia" IL Vescovo Di Trapani

Romagna Noi
May 20, 2012

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TRAPANI - Il 19 maggio Papa Benedetto XVI ha sollevato dalla guida della diocesi di Trapani monsignor Francesco Miccichè e ha nominato amministratore apostolico monsignor Alessandro Plotti, ex vescovo di Pisa. Alle spalle una vicenda difficile, che andava avanti da circa un anno. La gestione della diocesi di Trapani, infatti, era sotto indagine da parte del Vaticano dal giugno 2011, quando era partita una "visita apostolica" guidata dal vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero, responsabile della Cei per gli Affari giuridici. La causa? Un'inchiesta della procura di Trapani su ammanchi relativi a due Fondazioni gestite dalla Curia. Ma non solo. Dietro c'erano forti dissidi tra il vescovo e alcuni parroci. Uno per l'esattezza. Un prete disinvolto, con il pallino degli affari e amicizie altolocate.

Si chiama padre Ninni Treppiedi,
ora sospeso a divinis, 37 anni, ex direttore amministrativo della Curia e in strettissimi rapporti con l'attuale numero uno del Pdl a Trapani, il senatore Antonio D'Alì. Proprio per il suo ruolo in diocesi Treppiedi era stato per anni il braccio destro del vescovo e, proprio questa vicinanza, gli aveva consentito di tramare contro lo "scomodo" Miccichè. Già l'anno scorso la procura di Trapani aveva indagato 13 persone per reati che andavano dal furto alla ricettazione, fino alla frode informatica. E alcune tracce di questa indagine sembrano portare addirittura fino al Vaticano. Nei mesi era emerso poi che anche alcuni cronisti locali erano stati indagati per diffamazione e calunnia, perché avevano volutamente diffuso notizie false sul conto della diocesi e dello stesso Miccichè. Treppiedi, intanto, era stato accusato di aver trasferito dal 2008 ai suoi familiari e complici, tutti indagati, 172 mila euro dalle casse delle parrocchie che gestiva tra Calatafimi e Alcamo.

Un sistema dove al centro era finito,
ignaro, anche il vescovo di Trapani. Le notizie pilotate fatte uscire sulla stampa avevano fatto scoppiare il caso: in alcuni articoli il vescovo appariva indagato per aver fatto sparire oltre 1 milione dalle casse della Curia, che lo accusava di aver acquistato per sé e un familiare due prestigiose ville e di avere come autista un personaggio dal "robusto pedigree mafioso". Accuse rivelatesi false, secondo i documenti ora in possesso della procura. Ma la storia non finì lì. La finanza operò altre perquisizione in un convento e in alcuni studi notarili trapanesi alla ricerca di atti di compravendita di immobili avvenuti quando Treppiedi gestiva l'ufficio amministrativo, prima di essere estromesso dal vescovo. Sotto la lente d'ingrandimento degli investigatori erano finiti così almeno una ventina di rogiti di beni della Curia venduti su cui risulta la firma del vescovo Micciché.

Vendite di cui, l'alto prelato affermava
di non sapere nulla. E, secondo alcune perizie, quelle firme in effetti erano tutte uguali, troppo uguali, come se fossero frutto di un copia e incolla fatto al computer. Oltre a D'Alì, padre Ninni intratteneva rapporti molto stretti con il cardinale Franc Rodé a cui avrebbe regalato una auto di grossa cilindrata. Sulla rimozione del vescovo le cause non sono state esplicitamente dichiarate. E sono in molti a pensare che la sua vera colpa, oltre a molte ingenuità e qualche leggerezza, sia stata soprattutto quella di aver fatto troppo rumore. Un rumore che per il Vaticano deve essere sembrato troppo fastidioso, al punto da non provvedere a un più comune trasferimento ad altro incarico per Miccichè. Ma solo a uno strano "licenziamento" senza nuova ricollocazione. Insomma, il vescovo di Trapani pare piuttosto un "esodato" della Chiesa. E le sue parole fanno riflettere: "Con quanto mi sta accadendo sento il dovere di avvertire i fratelli vescovi: non osate agire contro chi è troppo legato ai potenti della terra perché altrimenti ne pagherete le conseguenze".




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