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Don Vincenzo Incredulo : Era Una Buona Azione, Confido Nella Giustizia Terrena

By Gian Guido Vecchi
Corriere della Sera
May 29, 2015

http://www.corriere.it/cronache/15_maggio_28/don-vincenzo-incredulo-era-buona-azione-confido-giustizia-terrena-241e58bc-050d-11e5-ae02-fdb51684f1d6.shtml



CITTA DEL VATICANO «Ovviamente, resto a disposizione dell’autorita inquirente e confido totalmente nella giustizia terrena». A meta pomeriggio di una giornata scandita dalle telefonate con l’avvocato, monsignor Vincenzo Paglia mette nero su bianco e lima e fa trasmettere alle agenzie di stampa poche righe sorvegliate che fanno trapelare solo una parte del suo sconcerto.

Chi gli e vicino fa notare che un vescovo in una diocesi ha dei collaboratori e non controlla di persona i movimenti dei conti, che vede e parla con un sacco di persone e non ha idea se una chiacchierata al telefono col sindaco costituisca una «fattispecie delittuosa» che ti puo mettere nei guai, che quel progetto gli era stato presentato come una «buona azione, addirittura meritoria»: il «castello-convento» che va in rovina e nessuno vuole, una possibilita di «crescita del patrimonio immobiliare» della diocesi per farne un «uso ecclesiastico» o magari «un centro di ospitalita e di cultura», il tutto «portando beneficio al territorio».

Trapelano esclamazioni incredule: «Va bene tutto, ma e verosimile pensare che io vada a comprare un castello, cosi, per poi rivedermelo?». Suona tutto beffardo, per il prete che all’inizio degli anni Settanta era parroco di Santa Maria in Trastevere e ha accompagnato fin dai primi passi la Comunita di Sant’Egidio, della quale e consigliere spirituale. La missione tra anziani, poveri, tossici, clochard, le iniziative internazionali di pace e dialogo ecumenico e interreligioso, e dopo dodici anni a Terni la nomina nel 2012 a «ministro» del Vaticano, come presidente del pontificio Consiglio della Famiglia, una scelta di Benedetto XVI confermata da Francesco. Paglia e l’arcivescovo che si fa chiamare «don Vincenzo» e ha fatto da postulatore alla causa di beatificazione di Oscar Romero, il teologo che ha dedicato il suo ultimo libro alla Storia della poverta , sottotitolo: «La rivoluzione della carita dalle radici del cristianesimo alla Chiesa di papa Francesco». E adesso torna la storia del «buco da 25 milioni» nelle casse della diocesi e si mescola alla faccenda del castello e a quell’altro buco di oltre un milione.

Cosi monsignor Paglia fa notare anzitutto di aver saputo tutto «fin dall’alba» da «alcuni organi di informazione», in Rete, e scrive: «Trovo singolare vedere notificato tutto cio alla stampa prima che al sottoscritto. Sino a questa sera infatti non ho ricevuto alcun avviso di conclusione delle indagini preliminari». Detto questo, dopo qualche ora e altre telefonate pomeridiane, fa chiarire che la storia del castello e quella del buco nelle casse diocesane «sono due faccende totalmente distinte». Nel senso che la «sofferenza economica» risaliva a prima dell’arrivo di Paglia, agli anni Novanta, e nel frattempo «il debito e stato risanato». Nel 2013, la Congregazione dei vescovi mando a Terni come «amministratore apostolico» monsignor Ernesto Vecchi, ausiliare di Bologna, per risolvere la faccenda in attesa del successore.

Il ripianamento del debito non c’entra nulla con il castello e «mettere tutto assieme serve a dare un’immagine negativa, qualcosa non quadra, come si volesse metterlo in cattiva luce», sospira chi gli e vicino. Tutto per quella che doveva essere una «buona azione». Amareggiato ma sereno, «don Vincenzo» non ha l’aria di voler mollare: «Poiche le informazioni pervenute in queste ore precedono tutti gli atti garantiti, ritengo necessario tutelare fin da ora la mia immagine nelle opportune sedi civili e penali».

 

 

 

 

 




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