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La Chiesa italiana riceve sempre meno offerte. E perde sicurezza economica

By Di Salvatore Izzo
AGI
March 15, 2017

http://www.agi.it/blog-italia/il-papa-pop/2017/03/14/news/la_chiesa_italiana_perde_sicurezza_economica_e_il_sindacato_dei_preti_deve_ripensarsi-1582372/


Dopo una trentina di anni di “vacche grasse” - frutto del nuovo sistema di sostentamento del clero scaturito dagli accordi di revisione del Concordato firmati nel 1984 dall’allora premier Bettino Craxi e dal cardinale Agostino Casaroli - la Chiesa Italiana vede assottigliarsi i suoi introiti. Le offerte fiscalmente deducibili finalizzate direttamente al sostentamento del clero sono in picchiata: oltre un terzo in meno in 10 anni, passando dai 18 milioni del 2005 agli 11 del 2014. “Sono diminuite progressivamente sia la somma complessiva raccolta, sia il numero delle offerte sia il valore medio”, osserva il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino per il quale il calo “forse è anche il segno di una crisi perdurante che porta inevitabilmente a tagliare, tra le altre cose, la beneficenza”. Ma il vescovo - intervenuto al Convegno nazionale degli Istituti diocesani per il sostentamento del clero - intravede però nella minore generosità degli italiani soprattutto il risultato di una visione distorta di cosa sia la Chiesa, che coinvolge anche il clero.  

“Il nostro popolo perdona molti difetti ai preti, salvo quello di essere attaccati al denaro”, ha detto qualche mese fa Papa Francesco nella basilica romana di San Paolo Fuori le Mura. Secondo il Papa, “il nostro popolo riconosce a fiuto quali peccati sono gravi per il pastore, quali uccidono il suo ministero perché lo fanno diventare un funzionario, o peggio un mercenario”. E davanti ai dati delle offerte, Galantino fa sua questa analisi:  il calo, denuncia, nasce anche dalla “difficoltà a condividere i valori di perequazione e di solidarietà tra tutti i sacerdoti che vivono e operano in Italia e le relative comunità ecclesiali di appartenenza”.

Come è noto, le offerte deducibili  (fino a 2 mila euro) dall’Irpef vanno ad aggiungersi alla quota dell’otto per mille dello stesso gettito destinata dai cittadini alla Chiesa, liberando così (sempre meno) risorse per le attività pastorali e caritative in Italia e nel Terzo Mondo. Ma sono parimenti negativi anche i dati relativi all’8 per mille il cui andamento, partito nel 1990 con il 76 per cento,  è stato in salita dal 2005, quando superò l’89 per cento delle firme, per poi cominciare a scendere fino all’81 per cento del 2013. Finora l’aumento del gettito Irpef (salito del 15 per cento negli ultimi anni) ha compensato il minor numero di firme, tanto che la somma relativa all’otto per mille assegnata alla Chiesa Cattolica per il 2016 risulta pari a un miliardo e diciotto milioni  di euro, dei quali sette a titolo di conguaglio, contro i 995 totali dell’anno precedente.  Ma all’orizzonte si profila una rilevante diminuzione delle somme che saranno conferite dallo Stato nei prossimi anni. E i preti italiani - il cui “sindacato”, la Faci, ha festeggiato a Vicenza 100 anni di vita - vedono sempre più precario il loro futuro, sul quale pesano, elenca il sottosegretario Cei, monsignor Giuseppe Baturi, una serie di fattori negativi che vanno da “una contrazione del clero e dall’aumento della sua età media, alla fatica che la rete parrocchiale fa a seguire il cambiamento di distribuzione della popolazione sul territorio, alla sempre minore propensione delle comunità a sostenere i loro sacerdoti e alla diminuzione del flusso dei fondi drenati dall’otto per mille”. Per questo, spiega Baturi, il “sindacato dei preti” deve ripensare il suo ruolo.

Ma tutta la Chiesa Italiana è chiamata a una revisione profonda. “Negli ultimi dieci anni mai la Chiesa ha toccato livelli di scarsa credibilità come lo scorso anno, e proprio per una cattiva gestione del denaro”, denuncia al Convegno degli Istituti diocesani il portavoce della Cei, don Ivan Maffeis
“Come fedeli e cittadini abbiamo il dovere di essere trasparenti”, scandisce monsignor Galantino. “Il principio della trasparenza ha come fondamento la comunione ecclesiale, che si avvera tra soggetti di pari dignità e si sviluppa come corresponsabilità e partecipazione”, rileva il vescovo, per il quale “amministrare i beni della Chiesa esige chiarezza e trasparenza”, e se progressivamente “nelle nostre comunità si è sviluppata  una mentalità gestionale più attenta e una maggiore sensibilità all’informazione contabile”, la Chiesa italiana su questo fronte deve “ancora crescere: ogni comunità parrocchiale ha diritto di conoscere il suo bilancio contabile, per rendersi conto di come sono state destinate le risorse disponibili e di quali siano le necessità concrete della parrocchia, perché sia all’altezza della sua missione”. Per questo il segretario della Cei stigmatizza “la difficoltà di tanti presbiteri a suscitare e coordinare la collaborazione dei laici nell’impegno amministrativo, sia come consulenti tecnici che come consiglieri”. Secondo Galantino, nelle parrocchie “il presbitero troppo spesso delega ad altri la propria responsabilità o, al contrario, accentra su di sé tutta l’amministrazione”.

E qui rientra in gioco il sindacato dei preti che anche 100 anni fa, quando è nata la Faci, attraversavano momenti difficili: allora a causa delle leggi eversive che avevano privato la Chiesa dei suoi beni e dell'anticlericalismo che le accompagnava. Se all'inizio (negli anni del primo dopoguerra) la Faci ha aiutato i preti a sopravvivere, dopo il Concordato del 1929 li ha sostenuti nell'amministrazione dei benefici e poi, con la revisione del 1984, ha collaborato alla gestione del nuovo sistema di sostentamento del clero, oggi deve preparare un grande cambiamento di mentalità. 
“La delusione allontana dall’appartenenza, dal sentirsi Chiesa”, rileva don Maffeis, per il quale “davanti a tanti episodi di cattiva gestione, veri o presunti che siano, lo smarrimento è duplice: in primo luogo perché a tradire la fedeltà è un pastore, in secondo luogo perché il suo farsi mercenario ha trovato complicità, magari con la scusa di non far scoppiare uno scandalo”.
Secondo monsignor Baturi, la Faci avrà “un grande futuro se riuscirà a sintonizzarsi con i nuovi scenari, sapendo essere punto di riflessione per cercare soluzioni convergenti, erogare servizi e sperimentare forme nuove e creative di solidarietà tra sacerdoti e tra comunità”. 
Ad esempio, vivere insieme, per i sacerdoti, può essere un aiuto spirituale ed anche una fonte di risparmio economico significativo. “Bisogna insistere sulla fraternità, non solo nella sua dimensione comunionale, ma anche organizzativa, mettendo insieme cioè gli aspetti economici, relazionali e abitativi”, commenta il vescovo di Vicenza Beniamino Pizziol. Per diventare sempre più quella “chiesa povera per i poveri” che Papa Francesco chiede fin dai primi giorni del suo Pontificato, giunto ormai alla soglie del quinto anno.

 




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