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Abusi Di Autorita Nella Chiesa

By Giovanni Cucci
La Civilta Cattolica
August 1, 2020

https://www.laciviltacattolica.it/articolo/abusi-di-autorita-nella-chiesa/

La Chiesa si e a piu riprese occupata del tema degli abusi, anche in tempi recenti, sia a livello di riflessione che di provvedimenti e protocolli operativi[1]. Tuttavia la rilevanza del tema ha riguardato per lo piu gli abusi sessuali e psicologici nei confronti di minori da parte di ministri della Chiesa, soprattutto presbiteri. Si tratta di aspetti indubbiamente preponderanti, ma non certamente esaustivi.

Un tema che non ha avuto finora sufficiente attenzione e l’abuso all’interno delle Congregazioni femminili. Esso non assume per lo piu la forma della violenza sessuale e non riguarda minori; tuttavia non per questo risulta essere meno importante e gravido di conseguenze rilevanti. Dall’esperienza pastorale e dai colloqui avuti in proposito si tratta per lo piu di abusi di potere e di coscienza.

Il fascino del potere nelle Congregazioni femminili

Il vento di rinnovamento suscitato dal Concilio Vaticano II e dal magistero successivo non e stato vissuto allo stesso modo nelle varie Congregazioni religiose. Alcune hanno dato vita a una difficile, ma efficace opera di aggiornamento e di riforma; altre, invece, non sono riuscite in tale scopo, o per mancanza di forze, o perche convinte che le consuetudini sinora praticate potessero costituire ancora la modalita ideale di governo. La storia insegna purtroppo che senza una tale fatica di confronto e ricerca di strade nuove si rischia di smarrire la freschezza del carisma, avviando un lento ma inarrestabile declino.

Va anche aggiunto che le dinamiche della vita religiosa femminile risultano essere molto diverse da quella maschile sotto vari aspetti. Gli studi e le molte possibilita pastorali di chi ha ricevuto gli Ordini permettono ai religiosi maschi di vivere con maggiore apertura e autonomia anche la vita fraterna e i voti religiosi.

Inoltre, la risposta vocazionale e l’entusiasmo che una giovane percepisce agli inizi del suo cammino non sempre consentono di valutare in maniera accurata la differenza fra i vari Istituti religiosi; la spinta in avanti e una certa incoscienza tipica di chi e all’inizio del cammino a volte si saldano tristemente con l’abilita di alcune superiore, capaci di individuare anime generose, ma anche vulnerabili alle manipolazioni. Lentamente la fedelta al carisma diventa fedelta nei confronti dei gusti e delle preferenze di una particolare persona, che decide arbitrariamente chi possa o no usufruire delle possibilita formative o di studio, considerate una forma di premio assegnato alle piu fedeli e docili, a scapito invece di chi esprime un pensiero differente. Da qui forme di ricatto per conseguire una gestione del potere senza limiti.

Si tratta di situazioni purtroppo note e diffuse, al punto da essere state pubblicamente menzionate in sede di dicastero pontificio. In un’intervista rilasciata alla rivista Donne Chiesa Mondo, il card. Joao Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Societa di Vita apostolica, si e espresso con chiarezza: «Abbiamo avuto casi, non molti per fortuna, di superiore generali che una volta elette non hanno piu ceduto il loro posto. Hanno aggirato tutte le regole. Una ha voluto persino cambiare le costituzioni per poter restare superiora generale fino alla morte. E nelle comunita ci sono religiose che tendono a ubbidire ciecamente, senza dire cio che pensano. Tante volte si ha paura, nel caso delle donne ancora di piu, si ha paura della superiora. Nella vera obbedienza, al contrario, e necessario dire quello che il Signore suggerisce dentro, con coraggio e verita, per offrire al superiore piu luce per decidere»[2].

La situazione di alcune comunita religiose

Fa pensare il fatto che nell’odierno contesto culturale, dove l’autorita risulta essere impopolare e fonte di stress (al punto che diversi superiori maggiori di Congregazioni maschili chiedono anzitempo un avvicendamento), in alcuni Istituti femminili si noti piuttosto la tendenza contraria, a prolungare a ogni costo il mandato ricevuto.

In una Congregazione (attualmente in fase di commissariamento) la medesima suora e stata consigliera generale per 12 anni, successivamente superiora generale per 18 anni, ed e riuscita a farsi eleggere di nuovo vicaria generale, «pilotando» il capitolo, per poter continuare a governare di fatto negli anni successivi.

Una tale situazione fa sorgere la domanda se il governo sia considerato una forma di assicurazione di privilegi preclusi agli altri membri, come ad esempio, nel caso in questione, affidare alle comunita i familiari e i parenti, ospitati e curati gratuitamente, «precettando» le religiose infermiere, le quali non si trovano certo in condizione di agire altrimenti. In alcuni casi i familiari sono anche stati sepolti nella tomba della Congregazione. Le giovani religiose, per lo piu straniere, registrano cosi il messaggio che il potere e una scorciatoia che agevola favori anche per i familiari e che l’imperativo di «lasciare il padre e la madre» riguarda soltanto loro.

In un altro Istituto la superiora, senza consultare nessuno, si e portata la mamma nella comunita delle suore fino alla morte, permettendole anche di condividere gli spazi comunitari per circa vent’anni. Ogni estate abbandonava la comunita per portarsi la mamma in vacanza.

Essere superiora sembra garantire altri privilegi esclusivi, come usufruire delle migliori cure mediche, mentre chi e una semplice suora non puo neppure andare dall’oculista o dal dentista, perche «si deve risparmiare». Gli esempi riguardano purtroppo ogni aspetto della vita ordinaria: dall’abbigliamento alla possibilita di fare vacanza, avere una giornata di riposo o, piu semplicemente, poter uscire per una passeggiata, tutto deve passare dalla decisione (o dal capriccio) della medesima persona. Se si chiede un indumento pesante, si deve attendere la deliberazione del Consiglio, o la richiesta viene rifiutata «per motivi di poverta». Alla fine alcune suore si sono rivolte ai familiari. Diventa percio ancora piu triste per loro venire a sapere che l’armadio della superiora e pieno di indumenti acquistati senza consultare nessuno con i soldi della comunita, mentre altre hanno a malapena un ricambio[3].

Sono esempi che possono apparire sconcertanti e difficilmente credibili per chi vive in Congregazioni maschili, e di fronte ai quali ci si puo limitare a sorridere. Purtroppo per alcune suore questa e la realta quotidiana: una realta che per lo piu non possono far conoscere, perche non sanno a chi rivolgersi, o per paura di ritorsioni.

Anche la gestione patrimoniale di un Istituto come proprieta personale e un altro tasto doloroso di alcune Congregazioni femminili, dove la complicita fra la superiora generale e l’economa (anch’essa di fatto a vita, nonostante i limiti dell’eta) finisce per consentire il controllo completo dei beni.

Come nel racconto La roba di Giovanni Verga, tutto finisce per concentrarsi nelle mani di una sola persona (che fa della Congregazione una gestione familiare, assumendo persone prive di competenza, ma con le quali ha legami di parentela), nonostante le prescrizioni del diritto canonico e le regole dello stesso Istituto: essendo la superiora generale l’istanza suprema, nessuno puo verificare la gravita della situazione. A scapito di chi verra dopo, specie delle suore piu giovani.

Un messaggio eloquente

Quale idea di vita religiosa viene comunicata da questi casi? Evidentemente che governare e sinonimo di privilegio, a scapito dei piu deboli. Questi medesimi Istituti non hanno piu vocazioni in Italia da oltre 50 anni. Sara forse un caso? Certo, le vocazioni sono in calo, ma perche altre terre e altre comunita conoscono invece una continuita anche sotto questo aspetto?

In ogni caso, la carenza di vocazioni non sembra aver posto alcun interrogativo al riguardo, e nemmeno ha suscitato la necessita di dare vita a un’aggiornata pastorale vocazionale, valorizzando i carismi delle sorelle piu capaci. Contrariamente agli orientamenti espressi dalla Chiesa ormai da molti anni, si continua a praticare l’usanza di importare vocazioni da altri Paesi, impiegando le giovani come «tappabuchi», invece di garantire loro una migliore formazione[4]. Le nuove arrivate per lo piu non hanno possibilita di difendersi, sia per la difficolta della lingua sia per l’assoluta incapacita a orientarsi al di fuori della casa religiosa dalla quale di solito non possono uscire e che, piu che come una comunita, viene vissuta come una prigione.

Il card. Joao Braz de Aviz ricorda anche casi di abusi sessuali subiti dalle novizie da parte delle formatrici; una situazione piu rara rispetto alle Congregazioni maschili, ma forse, proprio per questo, ancora piu grave e dolorosa. E auspica anche in questo campo il coraggio di fare chiarezza e tutelare i piu deboli come missione propria della Chiesa[5].

Il dramma di chi lascia la Congregazione

Quanto riportato sopra, anche se in forma anonima, e purtroppo per alcune religiose la dolorosa realta quotidiana. Una situazione che era stata riconosciuta con chiarezza anche in sede di magistero. Il documento Per vino nuovo otri nuovi, tracciando un bilancio della situazione della vita religiosa postconciliare, non manca di rilevare situazioni problematiche dovute a mancanza di fiducia e dipendenza per ogni cosa: «Chi esercita il potere non deve incoraggiare atteggiamenti infantili che possono indurre a comportamenti deresponsabili […]. Purtroppo bisogna riconoscere che situazioni del genere sono piu frequenti di quanto si sia disposti ad accettare, e in maggiore evidenza negli Istituti femminili. Questa e una delle ragioni che sembra motivare numerosi abbandoni. Per alcuni sono l’unica risposta a situazioni divenute insopportabili»[6].

Ma anche il tempo dell’abbandono della vita religiosa, gia di per se difficile e doloroso, reca con se ulteriori sofferenze, per lo piu sconosciute a chi appartiene a Congregazioni maschili. Il card. de Aviz ha menzionato la tragica condizione in cui vengono a trovarsi queste religiose: in molti casi esse non hanno ricevuto alcun aiuto, anzi si e cercato in tutti i modi di impedire loro di trovare una sistemazione[7].

Il problema e diventato cosi grave che papa Francesco ha deciso di costruire una casa per coloro che, soprattutto straniere, non hanno un posto dove andare. «Io sono andato – ha detto il cardinale – a rendere visita a queste ex-suore. Ho trovato li un mondo di ferite, ma anche di speranza. Ci sono casi molto duri, in cui i superiori hanno trattenuto i documenti di suore che desideravano uscire dal convento, o che sono state mandate via. Queste persone sono entrate in convento come suore e si ritrovano in queste condizioni. C’e stato anche qualche caso di prostituzione per potersi mantenere. Si tratta di ex-suore! Le suore scalabriniane hanno assunto la cura di questo piccolo gruppo. Pero alcuni casi sono veramente difficili, perche siamo di fronte a persone ferite con le quali bisogna ricostruire la fiducia. Dobbiamo cambiare l’atteggiamento di rifiuto, la tentazione di ignorare queste persone, di dire “non e piu un problema nostro”. E poi, spesso queste ex-suore non vengono in nessun modo accompagnate, non viene detta una parola per aiutarle… tutto questo deve assolutamente cambiare»[8].

Alcune suore rimangono nel loro Istituto solamente perche non vedono nessun’altra possibilita di vivere diversamente, non conoscono la citta, la lingua, non hanno potuto conseguire alcun titolo di studio. Una situazione di ricatto psicologico che suscita grande tristezza. Altre invece, pur avendo lasciato la Congregazione, non hanno messo da parte il desiderio di consacrarsi al Signore, ma cercano una modalita che possa rispettare la loro dignita.

Colpisce come alcune forme di consacrazione che consentono un maggiore spazio di liberta a chi vi appartiene, come l’Ordo Virginum, registrino un crescente numero di adesioni. In vari casi si tratta di ex religiose uscite dal loro Ordine spesso proprio per i motivi sopra ricordati. Esse cercano un’autonomia e una coerenza di vita che non e incompatibile con la consacrazione (poter uscire, svolgere un’attivita pastorale, studiare, insegnare), un’autonomia che e stata loro negata. Anche questo costituisce un messaggio che non puo essere ignorato circa il futuro della vita religiosa femminile.

Dare voce a chi non ha voce

Il tema degli abusi include aspetti molteplici e di differente gravita, ma che richiedono di essere ugualmente presi in considerazione, se si vuole che la voce della Chiesa continui a essere credibile. Occuparsi di tali casi non significa certamente ridurre a questo la realta della vita religiosa femminile. Nessuno nega il ruolo e l’importanza dell’opera svolta da tante religiose nel servizio agli ultimi – come, ma solo per restare nel tema, il ministero delle suore scalabriniane sopra ricordato –, e neppure si vuole mettere in un medesimo sacco ogni conduzione e stile dell’autorita negli Ordini femminili. Al contrario, proprio la rilevazione di tali differenti stili puo essere di aiuto per promuovere forme di consacrazione sempre piu imbevute del vino nuovo dello spirito evangelico. E al tempo stesso per farsi carico della grande sofferenza, a livello affettivo, psicologico e spirituale, che il tradimento di un tale spirito comporta per molte. Giovani che avevano con entusiasmo lasciato tutto per seguire il Signore ora si ritrovano sole, abbandonate e in molti casi disperate, in una situazione di deserto affettivo, relazionale e professionale. Queste anime cadute in trappola a quale ovile appartengono? Chi rispondera al loro grido di aiuto?

Per un sacerdote l’ordinazione e gli studi compiuti rimangono pur sempre una garanzia di trovare un sostegno e una possibilita di incardinazione che sono preclusi a una religiosa. Come e distante tutto cio dalla lettera con la quale papa Francesco, nell’indire il Sinodo sui giovani, si indirizzava loro! Nel passaggio finale egli ricordava la raccomandazione di san Benedetto agli abati «di consultare anche i giovani prima di ogni scelta importante, perche “spesso e proprio al piu giovane che il Signore rivela la soluzione migliore”»[9].

E come e distante anche dalla caratteristica propria della vecchiaia, di essere preparazione all’incontro con l’Amato! Il card. Carlo Maria Martini notava in proposito: «Ci sono almeno due tipi di adulti: quelli che si lasciano trascinare dal vortice degli impegni e quelli che sanno prendere tempo per far maturare i propri principi. Solo questi ultimi meritano in pieno il titolo di adulto. Quanto piu uno cresce in responsabilita, tanto piu sono necessari momenti di ritiro e di silenzio […]. C’e poi lo stadio del dipendere da altri, quello che non vorremmo mai, ma che viene, al quale dobbiamo prepararci»[10].

Quando invece ci si attacca al posto troppo a lungo occupato, sorge il dubbio che non ci si aspetti piu nulla dalla vita: e un messaggio di nichilismo pratico. Papa Francesco rileva con tristezza la chiusura al futuro da parte di sacerdoti e religiosi/e attaccati al proprio ruolo, incapaci di delegare, di dare spazio, di preparare qualcuno dopo di loro: «Si accontentano di avere qualche potere e preferiscono essere generali di eserciti sconfitti piuttosto che semplici soldati di uno squadrone che continua a combattere. Quante volte sogniamo piani apostolici espansionisti, meticolosi e ben disegnati, tipici dei generali sconfitti!»[11].

Anche per questi motivi il documento Per vino nuovo otri nuovi auspica l’elaborazione di norme a livello generale per «attenuare gli effetti di media e lunga durata della diffusa prassi di cooptazione ai ruoli di responsabilita di membri dei precedenti governi generali. Normative in altri termini che impediscano il mantenimento delle cariche oltre le scadenze canoniche, senza permettere di ricorrere a formule che in realta aggirano cio che le norme cercano di evitare» (n. 22).

Non si tratta dunque soltanto di occuparsi di tali casi dolorosi – sebbene questo rimanga un compito prioritario e indispensabile –, ma anche di approntare interventi efficaci di verifica e vigilanza sulla modalita di esercizio del governo, perche tali abusi non si ripetano e si possa offrire a chi desidera consacrarsi al Signore una modalita piu evangelica di vivere l’autorita e la vita fraterna.

La grande attenzione giustamente riservata agli abusi compiuti nei confronti di minori non deve impedire di dedicare adeguata cura a queste situazioni, anche se non riceveranno il medesimo clamore mediatico: anche in questo caso, si tratta di dare voce a chi non ha voce.

 

 

 

 

 




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