Don Vincenzo incredulo: era una buona azione, confido nella giustizia terrena

CITTA DEL VATICANO
Corriere della Sera

di Gian Guido Vecchi

CITTÀ DEL VATICANO «Ovviamente, resto a disposizione dell’autorità inquirente e confido totalmente nella giustizia terrena». A metà pomeriggio di una giornata scandita dalle telefonate con l’avvocato, monsignor Vincenzo Paglia mette nero su bianco e lima e fa trasmettere alle agenzie di stampa poche righe sorvegliate che fanno trapelare solo una parte del suo sconcerto.

Chi gli è vicino fa notare che un vescovo in una diocesi ha dei collaboratori e non controlla di persona i movimenti dei conti, che vede e parla con un sacco di persone e non ha idea se una chiacchierata al telefono col sindaco costituisca una «fattispecie delittuosa» che ti può mettere nei guai, che quel progetto gli era stato presentato come una «buona azione, addirittura meritoria»: il «castello-convento» che va in rovina e nessuno vuole, una possibilità di «crescita del patrimonio immobiliare» della diocesi per farne un «uso ecclesiastico» o magari «un centro di ospitalità e di cultura», il tutto «portando beneficio al territorio».

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